Un coccodrillo aveva afferrato un bambino che stava giocando sulle rive del Nilo. La madre implorò il coccodrillo di restituirglielo. “Certo” disse il coccodrillo. “Se sai dirmi in anticipo ciò che farò, ti restituirò il piccolo; però, se non indovinerai, lo mangerò per pranzo.” “Oh”, disse la madre piangendo disperata, “tu divorerai il mio bambino.”
L’astuto coccodrillo ribatté:
“Non posso ridarti il bambino, perché, se te lo rendo, farò sì che tu abbia detto il falso, e ti avevo garantito che se tu avessi detto il falso, lo avrei divorato.”
“Le cose stanno esattamente al contrario”, rispose astuta la madre. “Non puoi mangiare il mio bambino perché, se lo divori, farai sì che io abbia detto la verità e tu avevi promesso che, se io avessi detto la verità, avresti restituito il bambino. So che sei un coccodrillo d’onore e che mantieni la parola data.”
Secondo voi… cosa farà il coccodrillo?
Sono dell’idea che i paradossi siano il sale della vita perché sono stimoli potenti e fondamentali per la riflessione. Sono in grado di darci una visuale a 360 gradi, rivelandoci sia la debolezza della nostra capacità di discernimento sia i limiti di alcuni strumenti intellettuali per il ragionamento. Sì, sono anche d’accordo sul fatto che le aporie mostrano un uso improprio della logica, chiarendo il dato di fatto, senza determinarlo; ciò non toglie che siano degli esercizi mentali indispensabili per uscire da un labirinto in cui troppo spesso ci infiliamo, volendo trovare, a tutti i costi, una dannata soluzione.
Come disse Richard Sainsbury, filosofo britannico con cui ho avuto l’onore di interagire, i paradossi sono “conclusioni apparentemente inaccettabili, che derivano da premesse apparentemente accettabili per mezzo di ragionamenti apparentemente accettabili”. In parole povere, sono problemi le cui possibilità di soluzione risultano annullate in partenza dalla contraddizione.
In ambito Aziendale, i paradossi sono problemi che ignorano il buon senso e il giudizio commerciale. Possono essere devastanti, difficili da capire e apparentemente impossibili da affrontare. Queste pressioni si manifestano in tutti gli aspetti della vita organizzativa. Si traducono in due idee o mentalità opposte che coesistono nell’ambiente aziendale.
Nel mondo del business, si notano alcune tendenze ripetute: nel perseguire un maggior numero di affari, a volte ci si allontana dalla propria attività principale e ci si ritrova a svolgere altre attività che non sono la propria attività principale, purché portino denaro. Tendiamo a ignorare alcuni elementi chiave che possono aiutare la vostra attività nel lungo periodo. Anche se siamo consapevoli della loro importanza, ma solo perché non sono urgenti, continuamo a rimandarli finché non diventa troppo tardi.
Mentre siamo occupati con le operazioni quotidiane della nostra azienda, ci rendiamo conto che non stiamo più prestando sufficiente attenzione a perseguire la nostra visione. Improvvisamente ci dimentichiamo del cambiamento che ci eravamo prefissati di creare nel settore. Ci si dimentica dell’idea stessa che ha ispirato l’avvio dell’attività. Ci si lascia prendere dal business as usual e si dimentica l’innovazione di prodotto. Pur soddisfacendo i clienti esistenti, non si riesce a perseguirne di nuovi. Mentre si perseguono nuovi clienti, non si riesce a soddisfare quelli esistenti. Di volta in volta si scopre che la propria attività fallisce in uno o più aspetti importanti. Questi sono i paradossi da affrontare nel mondo degli affari.
Quando succede questo, mi ritrovo spesso a rifugiare i miei pensieri nel mondo dei paradossi perché “mi obbligano” a cambiare prospettiva, mettendo sul piatto infinite ipotesi e possibili soluzioni. Inoltre, avendo operato per decenni in un contesto piuttosto complesso come quello del continente africano, è fondamentalmente indispensabile l’abilità di traslare il pensiero comune in uno – diciamo così – più creativo.
Tra le tante aporie quella che più mi intriga è quello che si attribuisce allo storico greco Diogene Laerzio, vissuto nel III secolo d.C.: quella appunto del coccodrillo. Forse perché sono molto legata a questo rettile (ne avevo tre, padre, madre e figliolo) che ho tenuto nel giardino della mia casa, insieme ad altri rettili, sin dall’infanzia ed ho potuto studiarne i comportamenti con gli occhi puri di bambina; o, forse, perché ho dedicato molto tempo a studiare il comportamento delle madri coccodrillo, attratta dalla similitudine che alcuni studiosi le hanno attribuito con la madri del genere umano. Fatto sta che le aporie mi hanno tenuta occupata per un bel po’ di tempo, perché ero/sono sicurissima che ci sia sempre una soluzione, se solo si guardasse il problema in un’altra prospettiva: il dilemma, infatti, in questa storiella del coccodrillo, sembra riguardare non tanto chi sia il vincitore logico della discussione, ma piuttosto se ci possa essere un vincitore. Non sembra possibile trovare una via d’uscita del dilemma se non che il coccodrillo rimarrà in uno stato di paralizzante contraddizione con sè stesso.
Proviamo a slegare i due concetti?
Dal punto di vista del coccodrillo non sembra avere importanza se la madre dice il vero o il falso. Dopo tutto, se dice il vero, il coccodrillo non può restituire il bambino senza rendere falsa l’affermazione della madre. Ugualmente, se la madre ha detto il falso, il coccodrillo non può comunque restituire il bambino, perché la madre non ha realizzato i termini dell’accordo.
Riassumendo:
- se la madre predice con esattezza ciò che farò, allora le restituirò il bambino;
- se restituisco il bambino, allora la madre non ha detto con esattezza ciò che farò;
- quindi non le ridarò il bambino.
Dal punto di vista della madre non sembra avere importanza l’aver detto il vero o il falso. Se ha detto il vero, allora, in base all’accordo, il coccodrillo deve ridarle il bambino; e d’altra parte si può dire che la madre ha detto il falso solo dopo che il bambino le è stato restituito. Perciò, che abbia detto il vero o il falso, deve riavere il bambino.
Riassumendo:
- se ho detto esattamente ciò che farà il coccodrillo, allora il bambino mi sarà ridato;
- se il bambino non mi sarà ridato (sarà, cioè, divorato), allora ho detto con esattezza quel che farà il coccodrillo;
- quindi il bambino deve essermi restituito.
Quindi? Che succederà in questa ambiguità servita su un vassoio d’argento? Davvero è un dilemma irrisolvibile?
Tornando al nostro contesto di business o aziendale composti da molti ruoli, aspettative e funzioni contrastanti, non sarebbe sbagliato dire che l’impresa è una cosa complessa, composta da diversi aspetti di natura contraddittoria. Da un lato c’è la pressione di fare tutto il possibile per far funzionare l’azienda, dall’altro c’è il desiderio di costruire l’azienda in modo che diventi grande.
Qui sta il paradosso del business. Quando si tratta di costruire un’azienda, il punto fondamentale è concentrarsi sul futuro e sul lungo termine. È così che le grandi aziende si costruiscono, non si concentrano solo sull’essere rilevanti oggi, ma creano il futuro. Sognano, coltivano idee, creano ambienti in cui la creatività prospera, stringono alleanze strategiche con altri e cercano costantemente grandi talenti da assumere. Destinano attivamente il loro tempo ad attività che li aiutano a rimanere sempre rilevanti, oggi, domani e sempre.
La chiave per affrontare il paradosso del business è creare un sano equilibrio tra fare business e costruire business. Assicurarsi che tutto ciò che si fa nella propria azienda sia allineato e contribuisca al vostro scopo aziendale. In altre parole, non limitarsi a fare affari, ma fare ciò che aiuta la propria azienda ad andare e crescere nella giusta direzione. E scartare tutte le altre cose che non sono in linea con il proprio scopo aziendale.
E allora? Come la gestiamo questo paradosso?
Come ho già ribadito più volte, il paradosso sul posto di lavoro è un evento reale che presenta almeno due lati contrastanti e può apparire come un conflitto. Si tratta di due opposizioni che possono essere giuste e sbagliate allo stesso tempo. Trattare i paradossi sul posto di lavoro come un problema da risolvere e selezionare un solo lato del paradosso crea solo difficoltà e frustrazione e altre conseguenze negative. Al contrario, un paradosso deve essere equilibrato. Per affrontarlo, dobbiamo cambiare la nostra mentalità e abbracciare e comprendere senza riserve entrambe le posizioni e credere che entrambe le polarità siano valide.
Gestire gli opposti e affrontare il paradosso trasforma la gestione da una scienza a un’arte. Richiede una mentalità diversa dagli atteggiamenti manageriali di un tempo e una serie di competenze completamente nuove. Per quanto i principi siano antichi, per molti si tratta di un nuovo modo di gestire. Paradossi, descritti anche come polarità e dilemmi che si presentano per la prima volta e che possono essere opprimenti, difficili da comprendere e apparentemente impossibili da affrontare. Queste tensioni si manifestano in tutti gli aspetti della vita organizzativa, compresa la leadership, il lavoro di squadra, la struttura e all’interno di noi stessi. La ricerca, la formazione e il hashtag#mentoring possono aiutare gli individui a capire come la gestione del paradosso influisca sull’efficacia di un leader. Le organizzazioni e gli individui che sono in grado di gestire il paradosso hanno risultati migliori di altri.
I comuni strumenti aziendali non sono molto utili per gestire i paradossi. E’ necessario fare:
· Una mappatura delle polarità – La mappatura delle polarità è un concetto che consente ai manager e alle organizzazioni di riflettere sul valore più ampio, o sullo scopo, del bilanciamento di due polarità, nonché di determinare le fasi di azione specifiche. Questo concetto è utile per comprendere due poli in competizione o in contrasto. Esplorare gli svantaggi o i timori legati all’indicazione di uno o dell’altro.
· Una mappatura della dualità – La mappatura della dualità si basa sul concetto che tutto nel mondo è costituito da due elementi opposti che sono in parte in conflitto e in parte complementari. I paradossi sono correlati e interdipendenti. Non sono solo opposti, ma collaborano anche tra loro.
La mappatura delle polarità e la mappatura delle dualità sono approcci pratici e stimolanti per affrontare i paradossi sul posto di lavoro. Fondendo le filosofie orientali e occidentali, le organizzazioni possono trovare la soluzione più efficace e trasformativa per gestire richieste complesse e paradossali.
Affrontare i paradossi sul posto di lavoro implica una flessibilità di vedute e di comportamento, passando da una discussione alle lamentele dei clienti agli errori amministrativi e modificando i meccanismi di conseguenza. Le persone perfette in questo sono flessibili nelle situazioni e con gli altri. Possono avanzare e far avanzare anche gli altri. La capacità di pensare e agire in modi apparentemente opposti nello stesso momento o quando si passa da un compito all’altro aumenta. Sono regolabili e rispondono alle esigenze del momento. Ciò richiede un certo adattamento nell’approccio, nel tono e nello stile, per poi adeguarli alle esigenze della situazione.
Pensiamo alle organizzazioni come a un modo di organizzare il lavoro e di fare cose insieme, il che è abbastanza vero. Ma allo stesso tempo, ogni organizzazione è un insieme di incoerenze e conflitti. Un’organizzazione deve essere in grado di affascinare e trattenere i membri, altrimenti finirà. Allo stesso tempo, deve limitare il comportamento delle persone, altrimenti non sarà in grado di raggiungere i suoi obiettivi. Il paradosso, qui, indica elementi opposti ma interconnessi che da soli sembrano logici, ma insensati e irrazionali quando appaiono contemporaneamente.
Pertanto, i leader devono affrontare le tensioni simultaneamente per ottenere un’efficacia a lungo termine. Per questo motivo, la gestione del paradosso cerca di capire come le organizzazioni possano sostenere richieste opposte ed esaminare risultati simili.