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Imparare un concetto flessibile di tempo. #casestudy

Uno dei modi più importanti per capire lo sviluppo delle #identità è vedere l’interazione tra i contesti famigliari e il mondo più ampio di cui facciamo tutti parte. Per molti di noi il lavoro è il contesto in cui ci rapportiamo maggiormente con altri mondi.

Rossella è una project manager presso un’azienda internazionale di Boston. Lavora sistematicamente con clienti dall’India e dalla Nigeria e una delle sue maggiori frustrazioni è la gestione delle scadenze e dei ritardi. È fermamente convinta che tacciare questo “problema” come mera differenza culturale sia solo una scusa per giustificare l’incompetenza e l’irresponsabilità delle sue controparti.

Per molti occidentali il tempo è un bene prezioso ed è la parola più popolare dei relativi idiomi. Mancare una scadenza o presentarsi sempre in ritardo è visto come un profondo segno di mancanza di rispetto. Ma in altri luoghi del mondo gli orari e le scadenze sembrano arbitrari: qualsiasi circostanza o priorità può sostituirli. Si cresce imparando che un evento inizia quando inizia e che la vita non è organizzata intorno a scadenze arbitrarie, create prima che si sappia quali circostanze ed eventi inaspettati possano verificarsi.

Tuttavia, si ritiene che la maggior parte delle circostanze possa essere gestita e che la vita sia ciò che si fa. Le scadenze e gli orari possono quasi sempre essere controllati e gestiti. Rossella ha imparato che quando un collega nigeriano le dice “abbiamo quasi finito”, questo può significare tranquillamente la prossima settimana, il prossimo mese o tre mesi da ora. Rossella ha la responsabilità di portare a termine un progetto, per cui si agita quando le dicono di rilassarsi e di accettare queste differenze culturali. Non può soddisfare le aspettative dei clienti senza tempistiche e una scaletta costante.

Con lei ho lavorato sulla possibilità di spostare la sua mentalità dalla gestione del progetto alla gestione delle relazioni. Molti individui in luoghi come, appunto, l’India e la Nigeria, approcciano i compiti e la costruzione della fiducia nel contesto delle relazioni. La relazione deve diventare la priorità più importante per Rossella, cosa eccezionalmente difficile visto che non ha mai incontrato queste persone nella vita reale.

Questo potrebbe significare creare tempo sufficiente per interagire personalmente e discutere dei rispettivi progetti. Rossella trarrebbe beneficio dal co-sviluppo del processo con le sue controparti all’estero, discutendone regolarmente alla luce degli obiettivi condivisi, piuttosto che limitarsi a gestire il processo attraverso un software di gestione dei progetti.

Questo approccio potrebbe sembrare inefficiente per alcuni, ma in realtà è il modo in cui i progetti vengono portati a termine più efficacemente nella maggior parte delle culture. Piuttosto che cercare di cambiare l’orientamento del tempo di qualcuno o semplicemente di tollerare la frustrazione, è più efficace fare un passo indietro per capire cosa c’è dietro le differenze e lavorare per trovare un punto comune.

Rossella ha dato priorità al rapporto con le sue controparti indiane e nigeriani. Questi ultimi sono diventati più motivati a garantirle un risultato senza metterla in una posizione difficile. Per lei questo era molto più prezioso del semplice rispetto di una scadenza che sembrava irrealistica e arbitraria.

Vorrei aggiungere una piccola grande considerazione sul valore del tempo in molte parti dell’Africa, fondamentale per chiunque venga a mettere le mani in pasta qui.

Come ho già esaustivamente spiegato precedentemente, il tempo in queste latitudini è relazionale, non legato a un compito e la vita non segue una rigida linea temporale. Purtroppo debbo constatare, dopo più di mezzo secolo qui, che la maggior parte degli occidentali che sbarca in Africa trova, in questi atteggiamenti, una delle loro più grandi frustrazioni  e non ha ancora compreso come funzionano realmente le dinamiche. E questo nonostante siano vissuti qui anche parecchi anni.

La cultura occidentale non spinge certo a esplorare altri mondi o culture. Anzi! Se anche lo facesse si pregia con quel tipico atteggiamento del giudizio a random senza donarsi l’opportunità di entrare nel mondo che che si sta visitando o lavorando. Si tocca solo la superficie, come una persona che va a nuotare, che entra nella piscina per i bagnanti ma non in quella per i nuotatori. Come tutte quelle persone che visitano l’Africa ma non si immergono mai nella cultura locale. Un grandissimo ed imperdonabile errore!

Ho conosciuto innumerevoli occidentali che hanno trascorso mesi e anni (anche decenni) in Africa ma non hanno mai permesso all’Africa e agli africani di conoscerli. Attraversano il continente in punta di piedi e ne scalfiscono appena la superficie. Molti arrivano in Africa con ideali elevati, desiderosi di aiutare e di cambiare l’intero continente, ma poi si lasciano andare e si arrabbiano con il contesto stesso. Non comprendono quanto i compiti siano subordinati all’aspetto relazionale dell’esperienza e vengano portati a termine per aiutare la famiglia, il clan, il villaggio e la tribù.

Se andate in giro per l’Africa, vedrete persone sedute, che chiacchierano e che aspettano. Se passate di lì qualche ora dopo, non si sono mosse. Sono forse annoiati? No, si godono e assaporano il tempo che hanno davanti. Non c’è l’ansia di fare le cose per rispettare le scadenze.

Se prendete un appuntamento per incontrarvi, godetevi l’attesa. Gli africani di solito sono in ritardo non perché sono maleducati, ma perché sono impegnati con altre persone e lasciarle non sarebbe educato. Negli Stati Uniti il tempo è denaro. In Germania la puntualità è tutto, tranne che per i treni. In paesi come la Tanzania i treni possono arrivare con un giorno di ritardo. Gli africani prendono queste cose con filosofia e si adattano. Si accontentano del giorno e della notte, sfruttando al meglio una situazione fastidiosa.

La vita tende a essere più breve in Africa e l’aspettativa di vita è spesso la metà di quella occidentale, che si avvicina agli 80 anni o più, mentre è di 57 anni o meno in molte parti dell’Africa. Quando la vita è breve e si sa che la maggior parte delle persone intorno a noi muore giovane, l’approccio alla vita diventa diverso. Si dà più valore alle relazioni che alle scadenze , perché è la relazione che ci nutrirà quando incontreremo le onde più dure nel viaggio della nostra vita.

Una delle prime cose di cui un occidentale si rende conto in Africa è che la vita è dura per l’africano medio. Nella vita di tutti i giorni si lotta di più per tirare avanti, e avere cibo a sufficienza fa parte di questa lotta. Sì, la vita è una lotta in Africa e a causa di questa lotta, c’è anche uno spirito celebrativo. Gli africani amano festeggiare quasi tutto. Si divertono l’un l’altro, celebrano le loro relazioni e si includono l’un l’altro mentre celebrano la vita e a volte la morte.

L’orologio ci ricorda la brevità della vita. Probabilmente uno dei motivi per cui gli africani spesso ignorano l’orologio, quindi la brevità, è probabilmente uno dei motivi per cui gli africani trascurano l’orologio e quando qualcuno dice che sta arrivando potrebbe non arrivare mai. Si rendono conto che le cose durature della vita hanno a che fare con la famiglia, gli amici e le relazioni e non con una giornata regolata dall’orologio. Quando qualcuno dice che sta arrivando, potrebbe non arrivare mai.

C’è un detto in Africa e qui c’è la variante: “Sai di essere africano e quando la festa inizia alle 20 ti presenti a mezzanotte“. E’ tutto così perfetto.

Note: avete notato che parlo di Africa nel suo insieme e non delle singole nazioni? Ebbene! E’ chiaro che è un atteggiamento comune in tutto il continente, chi più chi meno. E questo dovrebbe far riflettere maggiormante!

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