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Sbagliando si eccelle

Essere un imprenditore significa assumersi dei rischi. È questa, infatti, la sua definizione. E quando si va verso l’ignoto e si rischia, è probabile che si fallisca, più e più volte. Non è detto che questo vi debba spaventare. Come Fondatrice di Métissage Dynamics©, la mia quarta impresa, conosco il fallimento nelle sue pieghe più assurde, tanto da non lasciarmi più ingannare dai suoi tentacoli. I fallimenti possono essere di tutte le forme e dimensioni. Per un imprenditore fronteggiare il rischio del fallimento fa parte delle regole del gioco nel mettere a terra, concretamente, le idee. Pur essendo consapevole di non avere tutte le informazioni a 360 ° per prendere le decisioni giuste, né come andranno i mercati o cosa penserà il consumatore, decide fino a dove può rischiare e, non meno importante, reagisce con resilienza all’eventuale fallimento, minimizzando gli impatti.

Naturalmente, non tutti i fallimenti sono terminali. Nel mondo degli affari, è spesso visto come il collasso di un’azienda o di un’organizzazione. Ma, ritengo, questo sia il suo lato più estremo.

Sono i piccoli fallimenti e gli errori che spesso sono più preziosi per un imprenditore. Può sembrare assurdo, ma quelli che ho affrontato mi hanno insegnato molto più dei successi ottenuti. Certo! Fallire non è mai qualcosa a cui si dovrebbe aspirare, ovviamente! Tuttavia, quando succede, è importante non concentrarsi sul rimprovero o sul rimpianto, ma accettarlo e usarlo a proprio vantaggio per andare avanti e percorrere altre strade.

Il mio esempio reale: quando ho avviato la mia prima impresa ero più ingenua di adesso. Credevo che avere un buon budget per il marketing e spendere con le agenzie/fornitori giusti mi avrebbe garantito trazione, copertura, notorietà del marchio e, in definitiva, il successo dell’attività. Ed era proprio così, nella teoria. Ma non avevo fatto conto delle variabili che strettamente non dipendevano da me: la malattia che lì per lì avrebbe decretato la fine della mia esistenza in questa dimensione e la decisione di delegare a persone incompetenti, pensando che gli “amici” mi avrebbero sostituita nel tempo necessario al mio recupero fisico. E quello è stato il mio grande errore. Fallimento totale! Con un successivo strascico di conseguenze fastidiosissime. Ma lezioncina imparata: “chi fa per sé fa per tre” (almeno in certe situazioni).

Che rapporto ha il fallimento con il mentoring?

Potreste chiedervi perché i miei fallimenti come imprenditrice siano collegati al mentoring. Che ci crediate o no, sono molto più correlati di quanto possa sembrare a prima vista. Come ho già detto, i fallimenti che ho sperimentato finora nel mio percorso imprenditoriale mi hanno aiutata a prendere decisioni più sagge in nuove iniziative commerciali e a imparare ogni giorno di più. Ho imparato come favorire l’apprendimento  per capitalizzare le lezioni apprese a livello organizzativo e personale e ridurre così le probabilità di errori successivi. L’ho fatto lavorando su nuovi strumenti e processi e su un mio concetto personale di cultura della sperimentazione che mi ha permesso (e mi permette tutt’ora) di ponderare bene le informazioni e i dati che potrebbero consentire di ridurre l’incertezza.

Certo, con alcune imprese, opero in un contesto (quello dell’Africa Sub-Sahariana) non certo tra le più facili, ma questo apprendimento e questa comprensione aiutano le mie attività ad avere successo e le mie imprese a crescere nel modo più giusto (secondo, ovviamente i miei parametri di soddisfazione). Certo, commetto ancora degli errori, ma le lezioncine imparate dal passato li hanno ridotti in modo significativo.

Ma il fallimento non è solo imprenditoriale. E’ valido anche nella vita di tutti i giorni e tutti, prima o poi, lo sperimentiamo. E’ una condizione dell’esistere. Senza i ripetuti fallimenti non avremmo oggi il fuoco, non avremmo la ruota, non avremmo la luce elettrica nelle nostre case, non avremmo i vaccini, non avremmo i computer, non avremmo Internet. Sono muri/ostacoli contro cui tutti noi, prima o poi, andiamo inevitabilmente a sbattere e che ci fanno capire che, in quella direzione, non c’è possibilità di andare avanti, che bisogna spostarsi, anche al millesimo, per proseguire la nostra corsa.

Avere un mentore può ridurre ulteriormente il rischio di errori e fallimenti. Perché? Perché i fallimenti degli altri possono insegnarci tanto quanto i fallimenti che sperimentiamo noi stessi. E non è certo solo nel mondo delle start-up e dell’imprenditoria che il mentoring e il fallimento entrano in gioco. Il guaio è che troppo spesso la maggior parte di noi, sopraffatti dalla sfiducia in noi stessi, smettiamo di tentare, mancando in pieno via d’uscita e fasciandoci la testa con un senso di impotenza ingestibile. Tuttavia, poiché in qualità di imprenditori o di semplici individui vi muoverete ogni giorno su un terreno nuovo, diventa ancora più importante avere il sostegno di un mentore.

Dovrei essere anch’io un mentore?

Se siete in attività da parecchi anni, credo che questo vi autorizzi a offrire aiuto e supporto ad altri nuovi imprenditori sotto forma di mentoring. La mia citazione preferita, in questo senso, è quella della mia amatissima Toni Morrison: “Se siete liberi, dovete liberare qualcun altro. Se avete un certo potere, il vostro compito è quello di dare potere a qualcun altro“.

Essere un mentore non deve essere necessariamente un lavoro duro (salvo i tecnicismi dei framework e tools creati o usati e i programmi creati appositamente), anzi, può essere incredibilmente gratificante e dare forza. E non richiede nemmeno troppo tempo, se si valuta di farlo come supporto e/o sostegno di singoli individui (per le Aziende, Scuole e Organizzazioni ci vuole una preparazione diversa!!!).

Devo però insistere su un punto che ritengo di vitale importanza: cercate di imparare da chi vi aiuta ad affrontare i fallimenti (perché ci è già passato, perché ne ha viste di tutte le fattezze e perché non ha paura di raccontarveli, a dimostrazione che ne ha tratto grandi lezioni) e diffidate di chi vi vuol insegnare a vincere a tutti i costi. Come diceva qualcuno da qualche parte “non esiste il vincente. Il vincente è solo un fallito che si è rialzato” ed ha continuato a sbagliare e sbattere, per capire dove poter continuare a procedere. Ma soprattutto non si vergogna di raccontare al mondo intero quello che per lui o lei è diventata un’opportunità di crescita.

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