Lavorare con i giovani è forse uno dei privilegi più straordinari e una fonte inesauribile di lezioni. Soprattutto quando portano con sé un concetto deviato del senso dell’appartenenza, un’idea che spesso si costruisce sulle aspettative altrui piuttosto che sulla loro autenticità.
Molti di loro si trovano a lottare con l’idea di dover “essere” qualcosa che non sono, di adattarsi a spazi che non li comprendono completamente, e di conformarsi a un’immagine che non rappresenta chi sono veramente. Si sforzano di appartenere, ma spesso lo fanno sacrificando pezzi di sé, rinunciando alla propria verità per una sorta di approvazione che arriva da fuori, più che da dentro.
E’ il caso di Sarah, una mia giovanissima Mentee, Mixed e anestetizzata dalla vulnerabilità di una età che sembra chiedere di essere tutto e niente allo stesso tempo. Sarah è una di quelle giovani che portano con sé un bagaglio complesso di esperienze e di domande, che spesso non trovano risposte nel mondo che la circonda. La sua identità si intreccia con radici diverse, eppure, per molto tempo, ha cercato di nascondere le sfumature che la rendono unica, per adattarsi a un’idea di sé che non le appartiene davvero.
Sarah si è spesso sentita “diversa”, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel voler essere sé stessa in un mondo che premia l’omogeneità e la conformità. La sua vulnerabilità, così visibile e autentica, a volte le sembrava un peso insostenibile, un ostacolo alla ricerca di un posto dove sentirsi accettata. A volte si perdeva nel desiderio di piacere, di conformarsi alle aspettative degli altri, dimenticando chi fosse davvero. Il suo senso di appartenenza veniva spesso confuso, come se dovesse sacrificare parti di sé per riuscire ad adattarsi.
Una sensazione che conosco molto bene perché come Sarah, anch’io non mi sono mai sentita una ragazza che “si adattava”. Troppo spesso incompresa ed etichettata con ogni sorta di nome, alcuni spingendosi oltre convinti che fossi quasi posseduta! Ma non ero certo una “maledetta”, ero semplicemente “diversa” dallo standard. Una giovane donna autodidatta, intelligente e bella, con una mente troppo grande per la scatola in cui cercavano di mettermi.
Mentre i miei coetanei cercavano conferme, io cercavo uno scopo. Mentre gli altri seguivano la folla, io percorrevo e costruivo la mia strada. Non è stato facile. Allontanarmi dalle persone che non riuscivano a vedere il mio valore è stato doloroso, ma compromettere chi ero destinata a essere non è mai stata un’opzione.
Vedevo già il mio futuro. Sapevo dove ero diretta e nessun rifiuto, nessuna incomprensione, nessuna pressione sociale avrebbe potuto fermarmi. Ad un certo punto compresi che non sarei mai riuscita ad adattarmi aa alcun posto. E, in qualche modo, questa consapevolezza è diventata la mia libertà.
Perché se vi è mai capitato di dover cambiare il vostro comportamento, adattare la vostra voce per sembrare credibili, o nascondervi dietro un’armatura di invisibilità per sentirvi al sicuro, saprete cosa significa portare il peso dell’appartenenza in spazi che non sono stati fatti per voi.
Alcuni ambienti non sono stati pensati per accogliere la totalità di chi siete. Sono costruiti per premiare chi si assimila, non chi è autentico. Per cercare il comfort, non per affrontare la sfida. Per l’omogeneità, non per le sfumature.
Si celebra chi si esibisce, si tollera chi si conforma, e si mette in discussione chi parla con la propria voce naturale o si presenta con la propria identità intera.
E allora ci adattiamo. Diventiamo abili nella sopravvivenza. Ma, nel farlo, dimentichiamo lentamente il suono della nostra verità.
Poi arriva la consapevolezza ed il cambiamento.
Si smette di colpevolizzarsi per il disagio. E si comincia a vederlo come un disallineamento. Non è un segnale che siamo “troppo”, ma che lo spazio non è mai stato abbastanza grande.
Da quel momento, non ci pieghiamo più. Iniziamo a costruire.
Così è stato anche per Sarah: una svolta che, pur nel caos emotivo della sua giovinezza, l’ha portata da me permettendole di vedere le cose da una prospettiva diversa. Sarah ha iniziato a comprendere che non doveva adattarsi, ma che poteva essere la sua vera essenza a costruire uno spazio tutto suo, uno spazio che le permettesse di esprimere senza paura la sua identità complessa, mista e autentica.
Lavorare con Sarah ha insegnato quanto sia importante non solo ascoltare, ma anche fornire gli strumenti per riconoscere la propria unicità, senza paura di essere giudicati. La sua vulnerabilità non è più un’arma che la indebolisce, ma una forza che la rende più empatica, più consapevole e più in grado di affrontare le sfide che la vita le pone.
Oggi, Sarah non solo accetta di essere se stessa, ma ha imparato a vedere la sua diversità come un punto di forza, non come una debolezza. Eppure, anche se il cammino non è mai lineare, ogni piccolo passo verso l’autenticità le permette di sentirsi più forte, più radicata, più libera di essere chi è davvero.
Questa è la vera lezione che Sarah ci lascia: il coraggio di non adattarsi per paura di non appartenere, ma di creare il proprio posto nel mondo, con tutte le sfumature che ci definiscono e ci rendono unici.
Tre lezioni sull’appartenenza, sul potere e sull’identità:
Ridimensionarsi
per adattarsi non ci protegge, ma ci insegna lentamente ad abbandonare noi stessi. Ogni volta che diluite la vostra essenza per sembrare “professionali”, scambiate la pace interiore con l’approvazione esterna. E la parte più pericolosa? Iniziate a credere che quello che siete sia troppo.
Alcuni ambienti non sono stati fatti per voi perché non sono mai stati messi in discussione da qualcuno come voi. Se la vostra presenza vi fa sentire sotto pressione, o se le vostre idee disturbano, non significa che il problema siate voi. Spesso significa che la vostra verità sta mettendo in crisi il loro comfort. Rimanete radicati.
La visibilità non significa nulla senza voce. Non basta essere visti. Bisogna essere ascoltati. E non solo quando la vostra opinione coincide con quella della maggioranza, ma soprattutto quando non è così.
Cambiamenti pratici (per chi è stanco di negoziare la propria identità):
Costruire prima l’appartenenza interiore, poi cercare la convalida esterna. Siate chiari e profondi con voi stessi, così che nessuno spazio possa definirvi in base a ciò che non può comprendere. Lasciate che sia la fiducia in voi stessi a guidarvi.
Imparare a parlare dal vostro centro, non dalla strategia. Non avete bisogno di un “tono perfetto” per essere efficaci. Dovete parlare con chiarezza, non con paura. Le persone giuste vi ascolteranno. Gli altri si adatteranno o se ne andranno.
Lasciate che la vostra presenza insegni agli altri. Non sempre dovete spiegare. A volte, la vostra sola presenza è sufficiente a creare il cambiamento. Non sottraetevi a questo insegnamento.
Ridefinire l’impatto secondo le vostre condizioni. Non siete qui per piacere. Siete qui per essere utili, onesti e allineati. C’è una grande differenza tra essere impressionanti e avere un impatto. Scegliete la seconda.
Non siete mai stati troppo. Eravate semplicemente interi in un mondo che ancora preferisce i pezzi.
La nostra responsabilità, come adulti o educatori
E’ fondamentale aiutare i giovani a capire che non devono modellarsi sugli altri per trovare un posto nel mondo. Il senso di appartenenza non si costruisce tramite la conformità, ma attraverso l’autenticità, la consapevolezza di sé e la capacità di portare la propria unicità anche nei contesti più sfidanti.
Quando i giovani imparano a riconoscere il valore della loro individualità, non come un ostacolo ma come una risorsa, allora non solo cominciano a sentirsi più forti e sicuri, ma anche più capaci di cambiare le regole del gioco. Insegnare loro che non devono piegarsi per “entrare” in un luogo, ma che possono creare spazi nuovi, inclusivi e più autentici, è una delle lezioni più potenti che possiamo trasmettere.
In un mondo che spesso chiede di essere tutto tranne che se stessi, questa lezione è la chiave per una generazione che non ha paura di essere diversa, che non si accontenta di apparire, ma che vuole esprimersi pienamente e cambiare il mondo a suo modo.
Ed è così che, attraverso il loro coraggio e la loro visione, anche noi impariamo.
Luisa Casagrande | Mining Business Executive by Profession, Senior Mentor by Passion | Philanthropist | Co-Founder Dolomite Aggregates™ Nig. LTD | Founder Métissage Sangue Misto™ & Métissage Dynamics© | Popularizer & Author of
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