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Ultime dal mio blog

Consulenza e Formazione: le imprese di Sisifo in Italia.

In un incontro tra amici imprenditori ieri si è parlato moltissimo della mia esperienza italiana di professionista in un ambito saturo e particolarmente aleatoria: quello della consulenza e della formazione.
In un contesto anglosassone, dove ho operato per decenni nel fornire consulenza e formazione, è qualcosa di attivamente interessante legata a vari fattori culturali, economici e di mentalità. In particolare, l’industria della consulenza e formazione ha dinamiche diverse a seconda del contesto in cui viene applicata, e la percezione che si ha di questi settori varia a seconda della mentalità imprenditoriale e dell’approccio al cambiamento. Sono visti come strumenti strategici per l’evoluzione e la competitività, mentre , in Italia c’è ancora una certa resistenza a considerare questi servizi come investimenti indispensabili per il miglioramento a lungo termine. La visione più pragmatica, la cultura aziendale più tradizionale e la resistenza al cambiamento rallentano, il più delle volte, l’adozione di pratiche innovative nel settore.

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𝑫𝒐𝒄𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝒈𝒓𝒂𝒏 𝒅𝒊𝒇𝒇𝒊𝒄𝒐𝒍𝒕𝒂̀: 𝒂𝒏𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒓𝒂𝒅𝒊𝒄𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒓𝒐𝒃𝒍𝒆𝒎𝒂!

E’ incredibile quanto gli insegnanti nelle scuole italiane fatichino a comprendere la complessità dei ragazzi pluriculturali e tendano a gettare la spugna dinnanzi alla loro apparente fragilità. Non capiscono a fondo come valorizzare la loro adattabilità e interpretano la loro lentezza di apprendimento come una mancanza di qualche neurone. Spesso deriva da una preparazione inadeguata nel gestire la diversità culturale in aula. C’è molto lavoro da fare e la strada sarà certamente lunga, ma quel lavoro deve essere fatto sul singolo docente, sul suo approccio e sulla sua capacità di guardare ogni studente come una risorsa unica.

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Praticare la gentilezza? Attenzione! Soprattutto se siete persone razzializzate o di minoranza

“Ho notato che quando sei troppo amichevole, troppo gentile e troppo socievole, le persone iniziano a mostrarti una mancanza di rispetto”.

Così esordisce Chiara durante una delle nostre sessioni di Mentoring professionale. E come darle torto?

A volte la gentilezza può essere interpretata come debolezza o ingenuità. Molte persone associano l’essere amichevoli e socievoli a una mancanza di assertività, e questo può portare alcuni a sottovalutare chi è particolarmente gentile. Se sei sempre stata carina, facendo sempre cose per gli altri, continueranno a pretenderlo e, penseranno di poterne approfittare a comando, camminando sopra le tue scarpe come se tu nemmeno fossi lì in quel momento.

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Non immaginate minimamante cosa c’è in una tazza di caffè!

L’assunzione dei miei collaboratori è una delle fasi più complicate nella gestione delle mie aziende, soprattutto per una persona come me che guarda più alla sostanza che alla forma.

Non posso pensare di aver assunto un ingegnere minerario con un curriculum degno del più alto baronaggio accademico ma poi si perde in un bicchiere d’acqua quando si tratta di adeguarsi a contesti di lavoro dove la sopravvivenza richiede particolari abilità creative e immenso sangue freddo. O investire su un collaboratore Mentor, eccellente nella teoria strutturata ma incapace di empatizzare con il proprio Mentee e assicurare quella base minima di un safe space dove costruire la relazione professionale.

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Se ti trattano come un’opzione, lasciali come una scelta.

Martedì sera, all’interno dello spazio ascolto di Métissage Dynamics©, si è tenuto un incontro straordinario, caratterizzato da un’atmosfera di intimità e condivisione. Incredibilmente, eravamo tutte donne, un fatto che ha reso l’esperienza ancora più speciale, ricca di empatia ed aggiunto una dimensione unica e potente all’atmosfera di condivisione.

La scelta di un gruppo così ristretto ha permesso interazioni genuine e dinamiche. Prima dell’incontro, ci siamo riunite in un piccolo circle meeting per selezionare il tema da affrontare. Alla fine, abbiamo deciso di esplorare il campo dell’autostima, del miglioramento personale e dell’empowerment, argomenti importanti, di grande respiro e molto affascinanti che ho cercato di rendere accessibile e applicabile nella vita quotidiana di ciascuna di noi, partendo dal presupposto che comprendere il proprio valore è il primo passo per non permettere agli altri di trattarlo come un’opzione.

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Overthinking ovvero quando una persona che pensa tutto il tempo non ha nulla a cui pensare, tranne i pensieri.

Nel nostro mondo ‘moderno’, dove le informazioni sono a portata di mano e la pressione sulle prestazioni è elevata, è facile rimanere intrappolati in un circolo vizioso di sovrappensiero. Questa abitudine può farci sentire come se fossimo sempre occupati, ma in qualche modo finiamo per avere la sensazione di aver realizzato ben poco.

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Le donne di mezza età e di successo possono superare i pregiudizi nei loro confronti?

Ginny è una straordinaria donna matura. Arriva da me grazie ad un’amica comune che le ha consigliato quest’ultima opportunità di una piccola sessione di #mentoring con me nello “𝑺𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝒂𝒔𝒄𝒐𝒍𝒕𝒐” 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒂 𝑴𝒆́𝒕𝒊𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 𝑫𝒚𝒏𝒂𝒎𝒊𝒄𝒔©, 𝒅𝒆𝒅𝒊𝒄𝒂𝒕𝒐 𝒂 𝒄𝒉𝒊 𝒗𝒐𝒍𝒆𝒔𝒔𝒆 𝒇𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒑𝒐’ 𝒅𝒊 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒓𝒆𝒛𝒛𝒂 𝒏𝒆𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒈𝒆𝒕𝒕𝒊, 𝒇𝒊𝒏𝒐 𝒂𝒍 𝟏𝟓 𝑶𝒕𝒕𝒐𝒃𝒓𝒆 𝒄.𝒂..

Abbiamo chiacchierato a lungo e sicuramente continueremo a farlo perché ha messo sul tavolo un tema molto complesso e particolarmente stratificato che riguarda il tema dei pregiudizi verso le donne di mezza età e di successo che coinvolgono dinamiche culturali, sociali e psicologiche. Abbiamo ragionato sulla possibilità di superare tali pregiudizi attraverso una combinazione di cambiamenti strutturali e personali, nonché un’analisi sull’evoluzione della coscienza collettiva.

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MEI, non DEI? Solo se la ‘M’ sta per “manca il punto”

E’ fantastico! Ora abbiamo i puritani del DEI (Diversity, Equity & Inclusion) che ci introducono il nuovo processo MEI (Merito, Eccellenza e Intelligenza) . Praticamente i fautori del MEI, capitanati da Alexandr Wang (colui che ha coniato l’acronimo), co-fondatore e CEO di Scale AI, riducono la faccenda più o meno alla prima lettera. Secondo Wang, la meritocrazia è al centro delle decisioni di assunzione della sua azienda: “Ciò significa che assumiamo solo la persona migliore per il lavoro, cerchiamo ed esigiamo l’eccellenza e preferiamo senza vergogna le persone molto intelligenti.

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Cosa ci insegnano i passi indietro nell’inclusione di Harley-Davidson & Jack Daniel’s

Ho atteso un bel po’ prima di pronunciarmi sul caso Harley-Davidson e Jack Daniels, anche per le modalità e le dinamiche con cui si sono svolti i fatti.
Come molti di voi sanno molte aziende americane, tra cui, appunto, Harley Davidson e Jack Daniel’s hanno deciso di cambiare le proprie politiche interne in tema di diversità e inclusione. Anzi, più che cambiare, hanno proprio cancellato, con un colpo di spugna, tutte le funzioni dedicate alla “DEI” e hanno dichiarato di non prevedere il rispetto di quote per quanto riguarda le assunzioni riservate a donne e a minoranze, che in futuro verranno effettuate tenendo in considerazione solo il talento necessario all’azienda. Smetteranno di sponsorizzare iniziative di inclusione, quote di inclusione e di adoperare fornitori che siano certificati verso l’inclusione. Dismetteranno anche il training delle risorse su diversità ed inclusione, disconosceranno l’Human Rights Campaign e le sue bocciature woke, soprattutto, manterranno una politica di assunzione basata unicamente sulle competenze.

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Come alcuni leader affrontano con sicurezza le conversazioni difficili.

I leader devono spesso affrontare conversazioni difficili, che si tratti di performance, conflitti o riorientamento strategico. La posta in gioco è alta e il modo in cui vengono gestite queste conversazioni può avere un impatto significativo sulla traiettoria del singolo, del team o dell’intera organizzazione.
Quando i leader affrontano queste conversazioni con stima, aumentano l’influenza, favoriscono la fiducia e permettono un dialogo costruttivo e significativo. Incoraggia il rispetto reciproco e consente una comprensione più profonda per tutte le parti coinvolte, che possono sentirsi sicure di ciò che state dicendo.

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Parlare di cose che gli “altri” non comprendono (Parte 2). Ovvero, migliori pratiche (Cosa fare e cosa non fare in Azienda)

Capire come creare e rispettare i confini sul lavoro è fondamentale per creare un ambiente di lavoro moderno sano e diversificato, che si concentri sul benessere dei dipendenti e sulla sicurezza psicologica dei colleghi di colore.

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Parlare di cose che gli “altri” non comprendono. Ovvero, quando le conversazioni difficili diventano scomode.

Vi racconto il casestudy di Magdalena, Mixed Italo-Canadese-Togolese-Polacca, Founder di un’Associazione Benefit che mi segue da qualche anno e ormai conosce quello che è il mio lavoro e l’attenzione che pongo ai dettagli. Mi chiama sicura del fatto che questa volta non vi sia una soluzione definitiva al suo problema, ma ha deciso, comunque di tentare.

Discutere di razza, razzismo e appartenenza è profondamente personale. A molti mancano le competenze di base e l’intelligenza culturale per non inciampare. Permettono che la paura di essere giudicati o l’allergia all’autoanalisi spingano a reazioni tossiche. Ma le conversazioni difficili implicano intrinsecamente un inventario della propria mentalità, dei propri valori e delle proprie decisioni.

Un testo che va letto con grande consapevolezza e apertura mentale.

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